> STORIA DELLA DUCATI

I PRIMI VENT'ANNI DELL'AZIENDA

Dopo alcuni anni di massima produzione e di forte ampliamento della ditta si ebbe l'affermazione di un modo di essere e di concepire la ditta da parte dei fratelli Ducati che venne estesa anche ai dipendenti: era nato lo 'stile Ducati'.
I tre fratelli avevano saputo tessere una fittissima rete commerciale, decentrare l'azienda per meglio sfruttarne le potenzialità, istruire il personale, organizzare il lavoro e tutte le attività produttive. Negli anni 1940-46 la Ducati aveva sei stabilimenti:

Bologna: produzione di materiale elettro-ottico-meccanico.
Milano: produzione di apparecchi e impianti radio-elettro-acustici.
Torino: costruzioni meccaniche di precisione, calibri di controllo, utensili.
Bazzano (BO): fabbricazione di condensatori variabili.
Cavalese: produzione di macchine per ottica e parti meccaniche.
Longare (VI): costruzioni meccaniche in serie e accessori.

Nei vari stabilimenti la produzione era organizzata secondo il seguente organigramma:

Sez. Condensatori a carta, elettrolitici, variabili, a mica, ceramici, a gas

Sez. Costruzioni Elettrotecniche: reparto accessori elettrotecnici

Sez. Impianti Elettrotecnici
Sez. Impianti di rifasamento
Sez. Costruzioni Radiotecniche
Sez. Impianto Radiosonda 'Italia'
Sez. Impianto reparto apparecchi di misura
Sez. Impianti Radiotecnici
Sez. Impianto Radiostilo
Sez. Impianti radioelettrici
Sez. Impianti Elettroacustici
Sez. Impianti di comunicazione “Dufono”
Sez. Impianti Fluidotecnici
Sez. Impianti 'Duavio'
Sez. Apparecchi di Precisione
Sez. Reparto rasoi elettrici “Raselet”
Sez. Macchine Calcolatrici 
Sez. Reparto addizionatrici “Duconta”
Sez. Tungsteno e Mobildeno
Sez. Reparto trafileria filamenti
Sez. Reparto elettrodi e contatti.

La Ducati aveva depositi di prodotto finito a Bologna, Milano, Torino, Roma, Napoli, filiali estere in Francia, Inghilterra, Svezia, Argentina e Brasile, aveva agenti e rappresentanti che coprivano capillarmente tutto il territorio nazionale e nei principali stati del mondo.
La mentalità dei fratelli Ducati era molto romantica e anche paternalistica: l'azienda era per loro come un potente motore di benessere non solo personale, ma collettivo e credevano in chiave positivista che essa potesse svilupparsi ulteriormente.
Il paternalismo li portava a concepire l'azienda come una grande mamma che dispensava ricchezze e benessere ma che chiedeva in cambio impegno e disciplina. L'ottica paternalistica enfatizzò al massimo il concetto del 'dopolavoro aziendale' per cercare di dare a tutti un forte senso di appartenenza.
L'espressione 'stile Ducati' significava diverse cose: innanzi tutto l'azienda si riteneva all'avanguardia tecnica e intendeva mantenerla e per fare ciò si era dotata di un importante centro ricerche che dal 1941 fu decentrato e trasferito a villa Trono in località San Ruffillo. Vi lavoravano, con a capo Adriano Ducati, oltre cinquanta persone tra ingegneri, periti industriali, e tecnici specializzati. Nelle sale di prove, nei laboratori di misura, erano contenute macchine e strumenti sofisticatissimi come il potente analizzatore a raggi X e una biblioteca tecnica. L'organizzazione dei lavori era stata concepita attraverso la specializzazione della manodopera e la suddivisione del lavoro: attraverso tali procedure si puntava alla massimizzazione, ossia si volevano ottenere alti profitti coniugati a bassi costi, così da avere cospicue risorse da destinare alla ricerca ed alle altre attività aziendali, tra cui il dopolavoro e la propaganda.
Un'accurata organizzazione di controllo sulla produzione veniva effettuata con severissimi controlli sui prodotti eseguiti in laboratori appositamente preparati dove i prototipi erano sottoposti a dure prove di stress per provarne la durata sperimentale, l'affidabilità. Si procedeva, inoltre a testarne l'adattabilità a particolari condizioni d'uso attraverso ambienti artificialmente creati appositamente.
Tali prodotti erano di altissima qualità e su tale giudizio erano concordi tutte le critiche mondiali i cui lusinghieri giudizi riportate sul giornale stampato in azienda che veniva diffuso tra i dipendenti per rafforzarne l'attaccamento all'azienda e per spronarli a fare sempre di più e sempre meglio.

Inoltre lo 'stile Ducati' prevedeva l'organizzazione dell'assistenza ai lavoratori e molteplici erano le attività di dopolavoro e di propaganda che finivano con l'assumere ancora una volta un aspetto peculiare in quanto incontravano lo “spirito del regime” fascista, assimilato dall'azienda bolognese e da quasi tutte le aziende di medie e grandi dimensioni.

Il dopolavoro aziendale fu istituito nel 1932 e da allora andò via crescendo in importanza e numero di attività e grande enfasi veniva attribuito allo sport: gli atleti Ducati erano specializzati in svariate discipline sportive tanto da ottenere molti riconoscimenti. Insieme al comparto sportivo, vi era uno spaccio per la vendita ai dipendenti di alimentari e prodotti domestici i cui prezzi erano molto più vantaggiosi per i dipendenti rispetto a quelli che si potevano avere nei comuni esercizi al dettaglio. Tra le numerose attività erano previste gite, conferenze, concerti e spettacoli ricreativi. Esisteva una biblioteca con annessa sala di lettura e due grandi mense, una grande per operai ed impiegati ed un'altra utilizzata dai dirigenti. Inoltre per i figli dei dipendenti si organizzavano feste e ritrovi oltre alla tradizionale festa della Befana. Da segnalare le presenza di un asilo nido che aveva sede nell'edificio riservato ai servizi assistenziali e ospitava i piccoli bambini dei dipendenti che altrimenti sarebbero rimasti incustoditi e le preoccupazioni per la loro salute sarebbero state un motivo di distrazione per il personale. In cambio di questi servizi l'azienda otteneva una completa concentrazione sul lavoro dei dipendenti.
Per i piccoli la Ducati stampava periodicamente un giornalino dove il giovane protagonista, tale 'Dielettrino', affrontava con sicurezza determinate situazioni contingente: durante la guerra l'impronta e la propaganda a favore del regime fu enfatizzata al massimo.

Questi servizi erano intesi proprio per aumentare il consenso dei dipendenti ed integrarli nell'ottica dello 'stile Ducati'. Non poteva infine mancare una sorta di concorso a “borsa studio” dedicato ai bambini che si distinguevano per intelligenza e bravura scolastica: attraverso il giornale 'Normali Ducati', nelle 'pagine dei Ragazzi' venivano indetti dei concorsi su vari temi che mettevano in palio premi in denaro.
Dopo quanto scritto nelle righe precedenti sembra superfluo ricordare che era previsto un abbigliamento obbligatorio, differenziato a seconda dei ruoli rivestiti all'interno dell'azienda.

Nel periodo bellico, lo stile Ducati, si uniformò ancora di più con il regime e divenne un elemento di rottura nei confronti degli oppositori antifascisti. Come ha raccontato nel suo 'I fiduciari di fabbrica', l'operaio Raffaele Gandolfi, antifascista, democratico e operaio assunto nel 1943 poi partigiano comunista, l'azienda con un comunicato del 23 marzo 1943, richiamò severamente tutti i quadri aziendali, per ripristinare rigidamente lo 'stile Ducati' (ossia ordine, pulizia, totale divieto di fare politica) che nel frattempo, in considerazione delle nuove e numerose assunzioni, si era un po' smarrito.

Erano gli anni del 'QUI NON SI PARLA DI POLITICA E DI ALTA STRATEGIA'. Potevano forse i Ducati, beneficiati sul piano della pubblicità dal regime fascista contravvenire alle direttive romane del Duce e del suo regime?
Da quanto detto nelle pagine precedenti è chiaro come i fratelli Ducati si ispirarono pienamente al regime fascista, soprattutto si sentirono parte dello spirito che il regime si sforzava di inculcare nelle menti del popolo italiano. Inoltre un'azienda di quelle dimensioni non poteva certo trovare fuori dal regime gli appoggi finanziari di cui necessitava. Il ruolo di anello di collegamento tra la famiglia Ducati e il regime era rappresentato dal già citato senatore Marescalchi.

Dopo la liberazione (25 aprile 1945) e la nascita dell'Italia democratica e repubblicana, questo filo fascismo della famiglia provocherà ai ducati numerosi problemi poiché i partigiani e le forze politiche nuove e democratiche diffidarono sempre dei Ducati: la fine della protezione dello Stato provocherà una serie di problemi economici alla famiglia: tuttavia i Ducati rimarranno sempre legati alla loro attività anche nel periodo dell'occupazione tedesca, quando si sforzarono, anche a costo della loro vita, per la sopravvivenza della fabbrica e l'incolumità delle maestranze contro l'ordine del comando supremo tedesco di trasferire uomini e mezzi della Ducati in un apposito insediamento a Rosenheim, in Germania.

Nel 1941 la Ducati aveva necessitato dell'ennesima estensione dello stabilimento e per ottenere i fondi necessari a ciò i fratelli Ducati avevano goduto degli appoggi interni alla nomenclatura del regime fascista e del Pnf al quale si erano iscritti il 31 luglio del 1933, ultimo giorno utile per tale operazione: se non avessero dato anche questa adesione formale al regime in quanto un comportamento avverso nei confronti del fascismo avrebbe significato la fine della Ducati.
(non dimentichiamo cosa disse anche Agnelli "Una croce d'accettare". Ndr.)

a Durante i mesi della Resistenza e dell'opposizione al nazifascismo anche alla Ducati si ebbero degli scioperi e gli operai, organizzati dai partiti democratici antifascisti e dai sindacati liberi appena ricostituitisi, difesero strenuamente le installazioni e macchinari dalla 'voracità' dei tedeschi.
Una volta liberata e riportata alla democrazia l'Italia avrebbe potuto di nuovo contare su quelle strutture per intraprendere la via della ricostruzione e dello sviluppo che la tragedia della dittatura e della guerra aveva seriamente minato.

DALLA GUERRA AI GIORNI NOSTRI

Il CuccioloDurante il secondo conflitto mondiale anche la Ducati, come molte altre imprese italiane, dovette modificare le proprie strategie industriali per stare al passo con le richieste della produzione bellica. Per contenere la continua espansione della ditta era stato costruito un modernissimo insediamento industriale ubicato su 120.000 mq nel 1935.
Oltre ai servizi ed alle infrastrutture precedentemente menzionate i fratelli Ducati avevano anche creato la già citata scuola tecnica per preparare futuri dipendenti all'altezza delle sempre più innovative attività dell'azienda.

Diamo ora uno sguardo alla struttura dell'azienda: gli ambienti erano luminosi e spaziosi, nei lunghi corridoi vi erano scritte quali: camminare velocemente, non fumare, parlare sottovoce; ogni aspetto dell'attività del dipendente era scandita con regolarità e con assoluto e completo controllo da parte della direzione della fabbrica. I capannoni portavano i nomi di grandi italiani del passato: Galileo, Torricelli, Volta, Galvani, Marconi, Cardano. I capannoni erano 20, ad ognuno la propria specialità.
Le gerarchie interne, la struttura piramidale e gli altri aspetti dell'organizzazione facevo pensare ad un complesso, ma funzionante a orologio, una sorta di organismo, o meglio una macchina dal perfetto funzionamento. Vi era persino una banda con tanto di suonatori in divisa e, per quei tempi una rarità, una squadra sportiva femminile.

Elettronica, Elettrotecnica, Meccanica, Ottica, questi i quattro punti cardinali della rosa dei venti Ducati, che portarono ad uno sviluppo incessante dell'attività produttiva che si tradusse in continue espansioni dello stabilimento. All'inaugurazione con 10.000 mq, successivamente con 20.000 mq, poi 50.000 mq ed infine con 60.000 mq.
Con l'acquisto, nel 1938, della Società Elettrica di Irrigazione di Modena (e con essa i diritti per la produzione di energia elettrica sfruttando la portata del fiume Panaro) la Ducati raggiunse il suo scopo di creare un triangolo industriale raccordato dalla propria tramvia che da Borgo Panigale, Crespellano, Bazzano, Vignola, collegava tra loro i vari stabilimenti Ducati.

Procedette ad un nuovo salto innovativo costruendo una diga per produrre in proprio l'energia elettrica e costituire con le acque di uscita, dei canali per irrigare le colture, ma per motivi dovuti all'inizio della guerra il progetto fu sospeso poi accantonato. Ma nel 1947, con il blocco della fornitura elettrica che causò all'azienda danni irreparabili, serpeggiò nell'animo dei Ducati il rimpianto di non essere riusciti a portare in porto il progetto di autosufficienza elettrica descritto in precedenza.

L'attività sotto l'aspetto commerciale aveva avuto uno sviluppo estremamente e capillarmente ramificato a livello nazionale ed internazionale. Erano clienti della Ducati tantissimi nomi eccellenti, la Siemens (che tuttora adotta in diverse apparecchiature i condensatori Ducati), la stessa Philips (che cercando condensatori variabili di precisione si rivolse alla Ducati che progettò un modello ad hoc, il famoso EC32, fresato da un blocco di lega leggera e che fu prodotto identicamente per oltre 30 anni).

Al notevole sforzo economico necessario alla costruzione dell'insediamento produttivo seguì la richiesta di partecipazione di capitali provenienti da aziende lombarde con produzioni affini e alla fine del 1937 il capitale raggiunse la ragguardevole cifra di 12.000.000.

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale tutta l'industria elettromeccanica fu avviata al “Commissariamento per le fabbricazioni di guerra” con molte commesse per le Forze Armate e tutti i dipendenti, con enorme soddisfazione degli addetti, furono dispensati dal servizio militale.
Nel frattempo si era avviata la sezione ottica sotto il controllo diretto dell'Istituto Ottico di Firenze: si realizzò il BIMAR, binocolo marino per la visione notturna su licenza Zeiss, grande casa tedesca, i cui collaudatori vollero congratularsi con i colleghi Ducati poiché ritenevano il prodotto uscito dall'industria italiana addirittura superiore all'originale.

Negli anni '30 la Ducati era ritenuta azienda leader del settore ed aveva ricevuto molti riconoscimenti da parte della critica e degli esperti di tutto il mondo. Alla fine degli anni 30 il numero totale dei dipendenti della Ducati toccava la soglia delle 11.000 unità.
Furono localizzati a Bologna e Firenze dei laboratori segreti denominati: “Post”, con il compito di terminare progetti già in studio avanzato ed altri di nuova concezione per avere prodotti nuovi da immettere sul mercato una volta terminata la guerra.

Durante la guerra si ebbero il Raselet, primo esempio di rasoio elettrico italiano, di cui venne acquistato il brevetto da una fabbrica americana nel 1937; la Duconta, la prima macchina addizionatrice elettrica scrivente da tavolo (si noti la seguente curiosità: questa antenata delle moderne calcolatrici, era stata pensata per risolvere il crescente problema di ragioneria aziendale che anche la Ducati stessa si trovava ad affrontare); il Dufono, primo intercomunicatore aziendale ideale per risolvere il problema delle comunicazioni tra i vari reparti aziendali, era nato il papà dei moderni cercapersone.

Il vero capolavoro della Ducati avvenne nel 1941 con la realizzazione della Microcamera Fotografica Ducati, vero gioiello di precisione meccanica e ottica e del Proiettore Cinematografico Ducati (era a passo ridotto 16 mm, godeva di una capacità di proiezione continua fino a 45 minuti in sale contenenti fino a mille posti persone e consentiva la riproduzione di pellicole mute o sonore, in bianco e nero o a colori, senza installazioni accessorie e senza di pericoli d'incendio).

Inoltre fu inaugurato un altro stabilimento a Salsomaggiore per la divisione Tungsteno-Mobildeno. La scelta era ricaduta su quella località per sfruttare la disponibilità energetica fornita dalle risorse ricavabili dagli idrocarburi estratti in tale zona (soprattutto il metano).
Sempre nello stesso periodo era iniziata la produzione di serie di apparecchi radiofonici e per soddisfare la necessità di mobili in legno fu acquistato uno stabilimento a Parona di Valpolicella in provincia di Verona.

L'autarchia perseguita dal regime imponeva alle aziende dei grandi limiti di approvvigionamento e La Ducati sostituì la mica mantenendo quasi inalterate le perdite dei dielettrici. Si rese indipendente nella produzione dei tubi catodici attraverso la divisione tungsteno-mobildeno e la vastissima gamma dei prodotti era talmente ampia che riusciva a soddisfare tutti i segmenti del mercato. Si spaziava così dalla semplice radio al costoso combinato radio-giradischi. La gamma era composta da oltre 20 modelli: oltre all'ottima qualità e affidabilità, anche il disegno originalissimo del mobile di contenimento era una delle caratteristiche principali e maggiormente apprezzate dal pubblico.

Durante l'occupazione tedesca i Ducati (come già accennato sopra) ebbero l'ordine di trasportare i propri macchinari in Germania, ma riuscirono ad evita ciò trasferendoli nella loro azienda veronese in attesa delle fine del conflitto.
La guerra, con le sue tragedie e i suoi bombardamenti, aveva colpito duramente la famiglia Ducati e la loro azienda che venne anche duramente coinvolta in un bombardamento negli ultimi anni del conflitto.

Finita la guerra, come tutte le altre industrie (a partire dalla FIAT del Sen. Giovanni Agnelli) anche sulla Ducati vi furono indagini per verificare un'ipotetica collaborazione con il nemico nazifascista. Dopo un'iniziale processo (con tanto di “precedente” condanna a morte) per collaborazionismo, si arrivò alla prova ed alla dichiarazione della piena e completa innocenza dei fratelli Ducati ai quali fu, anzi, riconosciuto il merito di aver aiutato in alcune occasioni i partigiani, oltre ad aver impedito la “deportazione” dei macchinari delle loro fabbriche in Germania.

Finita la guerra e raffreddati gli animi del dopoguerra la Ducati poteva riprendere la propria attività in un'Italia distrutta, su muri della cui capitale, come ha testimoniato e raccontato più volte Enzo Biagi, si poteva leggere un disperato grido di rassegnazione “Andatevene tutti, Lasciateci piagne da soli”.
Ma ben presto la rassegnazione e la paura lasciarono il passo alla volontà di riprendersi e di ricominciare da capo: il miracolo economico con il suo boom era alle porte e la Ducati, dopo i duri anni del dopoguerra, lo seppe sfruttare in pieno.

I fratelli Ducati erano tornati a Bologna e, con la comunicazione del CNLAI in data 22 maggio 1945 che annullava l'incarico del commissario Zanobetti, rientrarono alla guida dell'azienda e ripristinarono alla meglio i fabbricati, recuperarando le attrezzature e i materiali dai loro nascondigli segreti presso gli amici più fidati.

Nella sua perizia il genio civile aveva stimato 450 milioni di danni di guerra, cifra la cui riscossione era impensabile alla luce del clima di confusione ed incertezza dominante: la fabbrica fu quindi ripristinata senza attendere la liquidazione dei danni e ciò diede origine naturalmente ad una crisi finanziaria. Ma per i fratelli e soprattutto il cav. Bruno, ricominciare a produrre era la priorità assoluta e ciò fu apprezzato anche dalle maestranze e dagli stessi operai che, come ricordato da Linceo Graziosi in una nota sul quotidiano “l'Unità”, l'organo ufficiale del Partito Comunista Italiano (non certo, quindi, molto a favore dei fratelli Ducati), accettarono il piano della direzione tecnica, decisero di continuare a produrre e si improvvisarono cercatori di materiale tra i cumuli di macerie.

Il sindaco di Bologna, il comunista Giuseppe Dozza, mise a disposizione dei fratelli Ducati 12 camion ricevuti in dotazione dagli alleati per sgomberare tutte le macerie. Aggiunge Graziosi che il sindaco Dozza lo incoraggiò nella difficile impresa del ripristino dell'azienda. L'opera di ricostruzione fu difficile, ma proficua ed in breve tempo la fabbrica ricominciò a produrre. Alla fine dei lavori si fece una grande festa alla quale partecipò anche il sindaco Dozza che si complimentò con tutti per il brillante lavoro svolto: si cominciava a gettare le base per la realizzazione del cosiddetto “modello emiliano”. Dai laboratori “post” di cui abbiamo parlato in precedenza, uscì nel ‘45 un prodotto molto innovativo per i tempi.

Si trattava di un motore a scoppio da applicarsi alle biciclette, di 48 cc: era nato il “CUCCIOLO” che venne ampiamente pubblicizzato anche grazie al fatto che la Ducati decise di far scrivere ad un grande autore musicale, il Maestro Oliviero, un a canzone per accompagnare il lancio pubblicitario di questo prodotto.
La Ducati entrava così nel mondo delle moto e il Cucciolo rappresenta la prima di una lunga serie di motociclette che ha reso e rende tuttora famoso nel mondo il nome della fabbrica di Borgo Panigale.

Il Cucciolo e gli altri prodotti della Ducati furono esposti alla fiera Campionaria di Milano del 1946 e fu un successo di notevole dimensione, che si dimostrò propedeutico, insieme alle vittorie di tale motori in molte corse motociclistiche, per far ottenere consistenti ordinativi da parte di numerosi clienti italiani e stranieri: si assisteva alla definitiva rinascita della Ducati, ma purtroppo altri guai stavano per abbattersi sull'azienda bolognese.

La restrizione del credito voluta dal Ministro del Bilancio e della programmazione economica, nonché Governatore della Banca d'Italia, il futuro Presidente della Repubblica Sen. Luigi Einaudi, provocò un dissesto finanziario che non fu arginato dallo Stato, anche se i Ducati potevano godere dell'appoggio (almeno a parole) di autorevoli uomini politici di area governativa, come il Ministro per il Commercio con l'Estero e futuro Presidente del senato, il Sen. Cesare Merzagora e l'astro nascente della sinistra democristiana, il cavallo di razza dello scudocrociato, e futuro Presidente del Consiglio dei Ministri di ben sei Governi, il compianto Sen. Amintore Fanfani. L'azienda fu costretta alla messa in liquidazione, alla nomina di un nuovo Consiglio di Amministrazione.

Dopo la dolorosa vicenda del Concordato preventivo, Adriano Ducati decise di andare negli U.S.A. dove lavorò alla N.A.S.A, collaborando con il dott. Gianini e il prof. Von Braun per la realizzazione dei propulsori al plasma elettronico. Vi resterà fino al 1985.

In quegli anni la Ducati continuò il suo calvario con una serie di alternanze di Commissari:
Nel 1951 la produzione era così articolata:

1) settore meccanico, per la produzione dei ciclomotori
2) settore radio elettronico, per la produzione di condensatori e apparecchi radio
3) settore ottico, per la produzione di proiettori, fotocamere, binocoli, lenti, ecc.
Sempre in questo anno viene deciso l'accentramento di tutta la produzione nello stabilimento di Borgo Panigale, il dott. Montano viene nominato procuratore generale, la Direzione vendite Italia ritorna a Bologna e resta a Milano quella estera.

Nel 1952-53 tornano le edizioni aziendali: viene pubblicato il “Notiziario Ducati”, un bimestrale di informazione di cui assume l'incarico un allora giovane giornalista che avrà un grande avvenire nel mondo della stampa italiana: Enzo Biagi.

Nel 1953 si hanno di 900 licenziamenti. La città è solidale con i lavoratori e scende in piazza al loro fianco, ma scioperi e agitazioni non sono sufficienti ad annullare questo sfacelo. Due nuove società sono costituite alla fine del 1953 e il primo gennaio del 1954 sono operative la Ducati Elettrotecnica e la Ducati Meccanica. Il F.I.M. viene messo in liquidazione e così pure la SSR Ducati, la Ducati originale fondata nel 1926. Nel 1959, con il decreto di scioglimento del F.I.M., le due società Ducati passano alla Finanziaria Ernesto Breda in comodato, che decide nel 1960 di cedere la Ducati Elettrotecnica alla ditta francese C.S.F. (Compagnie Sans Fils) che ha sede a Parigi e che già possiede la Microfarad di Milano che costruisce condensatori.

In questi anni la Ducati sembra tornare agli antichi fasti, il numero dei dipendenti raggiunge le 3000 unità, nel 1966 la Ducati assorbe la Microfarad divenendo Ducati Elettrotecnica Microfarad con sedi a Bologna.
Si potenzia il settore dei condensatori di rifasamento e si acquisita una notevole commessa per la nuova fabbrica di Togliattigrad in Unione Sovietica.

Nel 1975 il gruppo francese decide di disfarsi della Ducati chiedendo la procedura dell'Amministrazione Controllata. L'allora Ministro delle Partecipazioni Statali, l'on. democristiano Carlo Donat Cattin, affidò l'azienda alla Zanussi, che costruì attiguamente agli stabilimenti della Ducati a Borgo Panigale, un proprio nuovo stabilimento per la costruzione di magneti e alternatori per moto.

Alla fine degli anni 70 la Ducati Elettrotecnica è così organizzata:
– Divisione Componenti: condensatori.
– Divisione Elettronica: apparecchi radio.
– Divisione Elettromeccanica: impianti di accensione per moto.

Nel 1982 la Zanussi entra a sua volta in crisi e viene rilevata dalla svedese Elettrolux che decide di disfarsi della Ducati in quanto ritenuta estranea al suo ciclo produttivo.

Nel 1984 nascono quindi due società:
– Ducati Radiotelecomunicazioni: settore apparecchi radio
– Ducati Energia SpA. : settore elettrotecnico

La Ducati Meccanica invece segue una diversa via ma un identico travaglio: nel 1959 entra a far parte del gruppo Breda e si decide far passare la produzione dei motori per le motociclette in secondo piano, preferendo dedicarsi alla realizzazione dei motori diesel, dei motori marini e dei gruppi elettrogeni. Si costruisce un nuovo impianto di oltre 10.000 mq di officine denominato D.D.D. Ducati Diesel Division. La Ducati passa al gruppo VM che era di Finmeccanica IRI presieduta dall'ing. Burghiga e vi rimane fino al 1984 quando l'IRI, per mano del suo nuovo Presidente, il futuro Presidente del Consiglio dei Ministri il prof. Romano Prodi, ne autorizza la vendita al gruppo Cagiva Castiglioni di Varese che è leader nel settore moto: l a Ducati Meccanica ritorna, così, alla sua vocazione originale.

Invece la Ducati Radiotelecomunicazioni viene ceduta dalla Zanussi alla Novel ditta con sede a Pero, piccola località situata in provincia di Milano, specializzata in radiocomunicazioni, ma avrà un seguito in un tono minore essendo racchiusa dentro i limiti di un settore molto specializzato e quindi senza grosse casse di risonanza.

LA DUCATI ENERGIA

Come detto in precedenza la Zanussi, che aveva assorbito la Ducati e che era entrata a far parte del gruppo svedese Electrolux, decise di vendere la Ducati Energia, in quanto essa era estranea al suo ciclo produttivo: ciò, sommato alle difficoltà finanziarie degli anni precedenti, aveva creato il panico tra i dipendenti e il passaggio in massa dei rappresentanti alla concorrenza sembrava aver condannato la Ducati senza alcuna possibilità di appello, verso l'ultima e definitiva tragedia.

Invece non fu così perché un pool di brillanti industriali bolognesi, raccolto in una finanziaria denominata F.G.F., accettò la sfida di rimettere a nuovo l'azienda e rilevò l'azienda. Tra loro spiccano i nomi di Rocco di Torrepadula, Martini, Gazzoni Frascara e il Dott. Guidalberto Guidi che ne assunse personalmente la presidenza. Gli scogli iniziali furono l'organico e la produzione. Il primo problema era rappresentato dall'inevitabile taglio all'occupazione e poi era indispensabile ricomporre l'assetto dei quadri e dei dirigenti che si era nel frattempo dissolto. Il dott. Guidi riuscì a compiere brillantemente ed in modo indolore entrambe le operazioni: ricostituì il vertice aziendale individuando gli uomini più capaci ai quali affidò gli incarichi direttivi e fu abilissimo a negoziare con la parte sindacale dimostrando con idee chiare la sua intenzione di rilanciare l'azienda e la sua sensibilità al problema occupazionale. Si circondò e si avvalse di uomini di prova ta esperienza come l'allora Direttore Generale dott. Lucio Venturini, oggi Amministratore Delegato, ed altri tra cui l'ing. Riccardo Fogli, Direttore Commerciale, l'ing. Pettenò Direttore Sviluppo e Marketing ecc., e riuscì a far si che l'azienda fu posta subito su veloci binari produttivi. In pochi anni la Ducati Energia attraverso un accordo con la Bosch, divenne leader mondiale nel settore dei generatori e accensioni per moto mantenendo così, anche un contatto sostanziale con la “cugina” Ducati Meccanica.

Contemporaneamente si svilupparono le altre divisioni Condensatori per lampade, Condensatori per rifasamento, Condensatori per elettronica di potenza.: in poco tempo l'azienda tornò a produrre ricchezza parte della quale venne destinata ad ulteriori investimenti produttivi.
La ritrovata qualità della produzione sotto l'egida del prestigioso nome storico dell'azienda, incontrò nuovamente il favore del mercato: attraverso una politica di differenziazione della produzione vennero superati brillantemente i periodi di crisi dei primi anni novanta.

Nel 1993 la Ducati Energia acquisì la Battaglia Rangoni Div. Strumenti e con essa la volontà di rappresentare una quota importante nel settore degli strumenti registratori di eventi e, utilizzando questo nuovo know-How, sono stati implementati, nella medesima divisione, gli Analizzatori di Energia che sono strumenti di analisi elettrica con elevatissimo contenuto tecnologico.
In seguito, attraverso una Joint-venture con la slovena Iskra, si è iniziata la produzione di contatori elettromeccanici di energia per l'ENEL; in questo caso si rimaneva nel campo della tradizione perché in precedenza la Ducati aveva iniziato per conto della stessa ENEL un'azione di revisione dei contatori di energia.

Attualmente la Ducati Energia è organizzata sulle seguenti cinque differenti linee produttive:

1) Condensatori e Rifasamento industriale
2) Accensione per moto
3) Contatori di energia elettrica
4) Strumenti registratori e acquisizione dati
5) Regolatori di tensione per moto

Per poter operare a livello internazionale la Ducati ha ottenuto tutte le omologazioni necessarie e i marchi di qualità sui prodotti: dal luglio del 1996 l'azienda ha ottenuto la certificazione di qualità CSQ secondo le norme europee UNI EN ISO 9001.
Si è tornati, quindi agli antichi fasti e ciò è documentato anche dal fatto che tra i clienti delle varie divisioni si annoverano nomi  importanti a livello nazionale ed internazionale quali Ansaldo, Enichem, Marelli, Enea, ENEL, Esso, Fina, Nuova Pignone, Montedison, Bosch, Siemens, Daewoo, Goldstar, Groupe Schneider, Moulinex, Miele, Electrolux, Schlumberger, Whirpool, Piaggio Yamahae e dall'ampiezza delle rete commerciale dell'azienda che, oltre ad essere estremamente efficace, è formata da agenti e distributori distribuiti capillarmente su tutto il territorio mondiale.

Nel 1996 il fatturato è stato per il 55% in Italia e per il restante 45% all'estero; la fabbrica è ubicata su un'area di 40.000 mq di cui otre 20.000 coperti e i dipendenti sono circa 600.

Come nella migliore tradizione dello “spirito Ducati” anche la sfida della quotazione in borsa è stata prontamente accolta, infatti dal luglio 1995 la Ducati Energia è entrata a far parte del gruppo Tecnekomp che è quotato sulla borsa di Milano. La presidenza è sempre affidata al dott. Guidalberto Guidi che rivestiva anche l'ambita carica di Presidente degli Industriali dell'Emilia Romagna, carica che ha lasciato in seguito per entrare a far parte della Commissione Studi della Confindustria.

LA DUCATI MECCANICA

La Ducati Meccanica S. p. A. è l'altro troncone della gloriosa azienda Ducati.

Nel 1955 inizia la sua attività con la direttiva ministeriale di occuparsi della produzione di motori biciclette e motori. In quest'ottica si prosegue la produzione del “Cucciolo” (48 cc), in un primo tempo solo per biciclette, poi anche per mezzi con cilindrata maggiore.
La presenza dell'ing. Fabio Taglioni, proveniente dalla Mondial, fu un vero toccasana per l'azienda in quanto furono adottate strategie industriali all'avanguardia in grado di portare, in breve tempo, la Ducati alla conquista di inconfondibili primati nella produzione, sia nel campo della qualità, sia in quello della quantità.

Sempre nello stesso anno l'ing. Taglioni aveva progettato un motore da 100 cc che, nel Motogiro, sbaragliò tutte le concorrenti conquistando il primo posto e tutti gli altri trentacinque dopo a questo. Non a caso il suddetto ing. Taglioni fu soprannominato l'ideatore del “miracolo del Motogiro”.
In poco tempo, dietro la spinta propagandistica delle vittorie nelle corse, la Ducati vuotò i magazzini del motore da 98 cc che, fino ad allora aveva incontrato problemi di diffusione e di commercializzazione.

Nel 1957 si procede all'applicazione del progetto dell'ing. Taglioni per ladistribuzione della valvolare “desmodrica” che sbaragliò tutta la concorrenza affermandosi nel Gran Premio di Svezia 1957.

A partire dal 1960 la Ducati sospese la partecipazione alla corse e, sotto l'influenza e la spinta della Breda e della Isotta Fraschini, cominciò a dedicarsi alla progettazione ed alla realizzazione di motori Diesel, motori marini e gruppi elettrogeni facendo, passare in un secondo piano l'ideazione e la produzione di nuove moto.

L'entrata nel campo dei motori Diesel comportò la realizzazione di un nuovo impianto che venne installato su di una superficie di oltre 10000 metri quadri di nuove officine: era nata la DDD, la Ducati Diesel Division.

A partire dal 1970 l'industria delle due ruote andò in crisi poiché le più confortevoli automobili erano maggiormente richieste dal mercato. La Ducati, però, riuscì a difendere le proprie posizioni sul mercato grazie soprattutto ai motori Diesel nella cui produzione si specializzò. Entrò a far parte dell'IRI, gruppo Finmeccanica (presieduta all'epoca dall'ing. Burghigna) dopo l'acquisto da parte del Gruppo VM che aveva stabilimenti a Cento e a Trieste.
Durante la presidenza del prof. Romano Prodi, nel quadro di un ampio piano di ristrutturazione e di privatizzazioni, la Ducati venne venduta ai fratelli Castiglione, proprietari della Cagiva di Varese.

I nuovi proprietari vogliono portare l'azienda bolognese agli antichi fasti realizzando un piano di produzione degno dello “stile Ducati” pensando, inizialmente, di tornare ai tempi del “Cucciolo”, quando la Ducati produceva solo i motori, ma prevalse l'idea di produrre l'intera moto, carrozzeria compresa. I fratelli Castiglioni concentrarono a Bologna anche la direzione commerciale delle aziende successivamente rilevate (Morini e Husqvarna). Negli anni '90 queste scelte diedero i loro frutti e le Ducati tornarono a vincere dando così nuove soddisfazioni ad un grande e glorioso passato.

SITUAZIONE ATTUALE E CONCLUSIONI

Negli ultimi anni la Ducati è stata aquisita da un gruppo industriale americano che ha contribuito alla sua consacrazione negli States specialmente nel mondo del cinema (Matrix Reload) e in quello musicale (Video di E.Iglesias) con modelli status symbol come il Monster.
E' degli ultimi mesi la notizia che Investindustrial (Gruppo Bonomi/Benetton) detiene il pacchetto di maggioranza della Ducati, che quindi ritorna italiana, anche se lo è sempre stata nel cuore degli appassionati.